Fotografia analogica e digitale : qualità

La fotografia, come tutte le tecniche, ha subito negli anni innumerevoli innovazioni e mutamenti.

Di solito, quando si parla di innovazione, si parla di vantaggi dal punto di vista di usabilità e qualità.

Con la fotografia, i vantaggi evolutivi più evidenti degli ultimi 70 – 80 anni sono sicuramente stati in termini di ergonomia, portabilità e facilità di condivisione del materiale visivo prodotto.

Minori in termini di qualità.

Ma andiamo per gradi:

La fotografia, come tutte le discipline artistiche, si rivolge a vari tipi di pubblico: principalmente quello amatoriale,  un pubblico di “professionisti” (intesi come pragmatici, migliori risultati con sforzo minore: il risultato è quello che conta) gli “artisti”  (intesi come esteti in continua ricerca) ed i professionisti “contemplativi”: chi per la nicchia di mercato che serve, cerca la qualità assoluta ,non bada particolarmente ai tempi e non ha bisogno di portabilità).

L’ industria si rivolge ai grandi numeri e a chi ha soldi da spendere, quindi principalmente al mercato amatoriale e a quello “professionale”.

Per mercato amatoriale, intendo il mercato costituito da chi usa la macchina fotografica principalmente per registrare memorie della sua vita, dei suoi familiari, nella maniera più semplice possibile.

brownie
bambina con una fotocamera box, la kodak Brownie -1935 – foto Keystone View Company/Archive Photos/Getty Images

Passando dalle box camera , alle prime compatte analogiche, ai mini rullini a cartuccia, si può dire che il mercato è al momento dominato dagli smartphone, con i quali:

  • possiamo telefonare (e dobbiamo averli con noi per essere sempre reperibili)
  • possiamo scattare foto
  • possiamo aggiungere tanti effetti
  • possiamo condividere immediatamente col mondo i nostri scatti ed avere tanti “likes”

Questo è il mercato che da sempre ha fatto della facilità d’ uso e della compattezza il suo punto forte.

Fra i professionisti colloco invece tutti coloro che devono documentare, illustrare un evento o un prodotto , con una buona qualità di immagine, nel minor tempo possibile e con la certezza di non sbagliare.

Parlo di giornalisti, fotografi di eventi, pubblicitari.

In questo caso il discorso si fa più complesso: da un lato c’è stato, come nel mercato amatoriale, una ricerca verso la compattezza e l’ ergonomia, dall’ altro quello sull’ adattabilità e la versatilità dell’ apparato fotografico.

Ad esempio: un giornalista americano, fino agli anni 50 scattava quasi sicuramente con una “speed graflex” , una macchina fotografica a telemetro ed ottica intercambiabile che impressionava un negativo di 4×5 pollici (10 per 12,5 centimentri circa).

Tendenzialmente, con una profondità di campo estesa, in modo da mettere a fuoco un po’ tutto, e con un flash decisamente sparato, per poter utilizzare un diagramma piuttosto chiuso.

Principalmente, perchè il formato 4×5 era il formato delle foto dei quotidiani, che potevano in questa maniera essere stampate “a contatto”

speed graflex
Soldato americano con speed graphic 4×5

Con il miglioramento della qualità delle pellicole e degli ingranditori, questo formato è ovviamente sceso sempre più di interesse per questo tipo di professionisti, che hanno rivolto la loro attenzione ad apparecchi più compatti , di solito reflex o a telemetro ad ottica intercambiabile in grado di ottenere grosso modo gli stessi risultati per il risultato desiderato (le immagini di un quotidiano), a fronte di : un peso minore, maggiore autonomia di scatto, facilità di trasporto e condivisione del materiale prodotto, costi e reperibilità della pellicola.

Pensiamo al leggendario formato 35 millimentri (quello del rullino “classico”, o delle digitali “full frame” – appena 24 millimetri di altezza). Non è certo il primo formato di pellicola introdotto, ma è quello che nella storia della fotografia ha avuto più successo.

Perchè? Fondamentalmente perchè è piccolo, maneggevole, ed in ogni rullino stanno comodamente fino a 36 scatti.

In tasca o nello zaino si aveva spazio per innumerevoli rullini:  in qualche modo, anche azzeccando uno scatto su dieci, l’ evento o il personaggio poteva dirsi “catturato”.

La pellicola a 35mm era impiegata nel cinema: ogni anno venivano prodotte dall’ industria migliaia di kilomentri di pellicola a 35mm, la sua reperibilità era assicurata.

Per applicazioni dove la qualità d’ immagine era più importante, come foto per riviste, pubblicità, e a volte eventi come matrimoni, andava invece per la maggiore il medio formato : una pellicola di ben 60 millimetri di altezza (contro i 24 del formato 35mm), che consente di catturare molto meno immagini rispetto al formato 35mm, ma che offre una qualità nettamente superiore: prendendo il formato classico “quadrato” , tipo “Hasselblad”, per intenderci, si parla di 60x60mm ovvero 3600mm quadri contro i 24×35 ossia  840mm quadri, vale a dire più del quadruplo del formato 35mm.

L’ evoluzione del mercato più attuale in questo campo è costituito dalle moderne reflex digitali e dalle mirrorless. Le mirrorless, andranno secondo me a rimpiazzare completamente le dslr , in quanto la velocità dei tempi di reazione del visore digitale si stanno avvicinando sempre di più a quelli ottici forniti dallo specchio delle reflex.

La pellicola in questo campo applicativo è stata sorpassata dal digitale, sia in termini qualitativi che di ergonomia.

Il fotografo d’ azione potrà catturare infiniti scatti in sequenza rapida, scegliere le ottiche più appropriate, e inviarle al suo editore direttamente dal posto.

Una pellicola 35 delle migliori qualità, usando una ottica di ripresa eccelsa, potrà al massimo avvicinarsi a circa 19 mega pixel, risoluzione decisamente superata da una macchina fotografica digitale di qualità.

Riguardo al medio formato “analogico”, sorpassa ancora in termini di qualità la maggior parte delle macchine digitali. Se si ha un budget discreto, si può però acquistare un medio formato digitale, che si avvicina sicuramente di più all’ estetica del medio formato, pur senza ancora averne raggiunto le dimensioni in termini di sensore (al momento attuale si parla di 48 mm × 36 mm, circa il doppio del 35mm).

In termini di portabilità, il vantaggio scende, soprattutto di fronte ad una mirrorless.

Spostando l’attenzione sull’ ultimo settore, ossia quello degli artisti, gli sperimentatori, ed i professionisti “contemplativi”, l’ industria si è evoluta, ma lo ha fatto con tempi decisamente più lenti, e portando innovazioni magari molto raffinate ma meno tangibili di quelle rivolte ad altri settori.

Il termine di riferimento assoluto in termini qualitativi è ancora la pellicola, dal medio formato in su.

Non solo per la risoluzione, ma anche e soprattutto per la profondità di campo e l’ isolamento artistico del soggetto che una pellicola più grande è in grado di impressionare.

Il banco ottico , con i suoi movimenti ed il fuoco selettivo è ancora lo strumento migliore in termini qualitativi per fare un ritratto in studio o riprodurre un oggetto d’ arte e per realizzare stampe molto grandi.

Un buon apparecchio di medio formato è ancora perfetta per un bel ritratto in esterno.

Anche il “piccolo” 35 millimetri offre ancora molto.

Seppure superato in “risoluzione” dalla pellicola, con la sua grana e toni naturali si presenta in qualche modo “magico e nostalgico” ed è ancora molto apprezzato da appassionati , lomografi e hipster d’ ogni età (me incluso), sebbene ormai i suoi tratti caratteristici possano essere facilmente ricreati con qualche filtro di photoshop o addirittura di instagram, se si sa quello che si fa.

Fotografia in frontespizio: ritratto di Charles Baudelaire (1821-1867) , poeta e critico francese.